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Il Blog di Corrado Tumaini

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Postilla » Ambiente » Il Blog di Corrado Tumaini » Rifiuti » I materiali da scavo secondo il dottor Frankenstein

27 novembre 2015

I materiali da scavo secondo il dottor Frankenstein

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È stato pubblicato lo schema di DPR  recante la “Disciplina semplificata della gestione delle terre e rocce da scavo, ai sensi dell’art. 8 del Decreto Legge 12 settembre 2014 n.133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014 n. 164”:

….mah….con nove mesi di ritardo sull’indicazione del DL, alla fine il MATTM ha  partorito un …”un cosa”?. Alla lettura del testo si direbbe un topolino-Creatura del dott. Frankenstein. Tanto taglia-incolla e poca anima. Pure perversa.

Prendiamo per esempio, un argomento a caso:… i materiali di riporto, ovvero la sostanza e l’anima di tutti i tecnosuoli o suoli urbani come dir si voglia.

L’argomento è relegato nel capitolo introduttivo delle “definizioni”.

Per ora glisso sulla definizione di “riporto” tutta “romana” (carica di suggestioni storiche e di gloriosi reperti)  ma niente “milanese” (carica di gloriosi residui industriali e civili testimonianze sparsi sul territorio); o su come dovremmo fare a calcolare il 20% di materiali alloctoni nella miscela; oppure  sull’inesistente equazione:

CSC = VLA

valori soglia di attenzione*   = valori limite di accettabilità,

(* soglia di attenzione e non di “azione”!)

o, ancora, su cosa si deve intendere per “non contenenti amianto”…

Voglio invece proporvi di entrare subito nella sostanza della “cosa” con uno spunto di riflessione che ci arriva dalla preistoria delle bonifiche in Italia:

l’adozione della “doppia soglia”

per definire la conformità o meno dei materiali di riporto a standard ambientali di riferimento.

La proposta dello schema di regolamento (ma che ricalca paro paro quanto già prescritto dall’art. 41 della legge 98/13) prevedrebbe il rispetto di entrambi limiti di accettabilità ai quali riferire i risultati delle analisi sul “tal quale” e quelli da test di cessione.

Questo approccio non rappresenta una novità clamorosa nella storia delle normative ambientali nazionali.

Ai “veterani” delle bonifiche nazionali ed ai più attenti osservatori della materia risulta evidente il richiamo alla “storica” dgr 17752/1996 della Regione Lombardia “Standard di qualità dei suoli per la bonifica dei terreni contaminati sul territorio lombardo”, dove già si assegnava un particolare peso all’approfondimento analitico sul suolo e sul sottosuolo finalizzato alla protezione delle acque sotterranee.

Il regolamento allegato alla dgr lombarda “Standard della qualità dei suoli”  individuava una serie di parametri fisici, idrogeologici e chimici  per applicare due tabelle distinte:
1)    Valori Limiti di Accettabilità (VLA) a protezione della falda ottenuti di test di cessione (con precise indicazioni su tipo di test e medolologia da adottare) e in funzione del livello di vulnerabilità dell’acquifero.

(sottolineo: LIVELLO DI VULNERABILITÀ…. perchè non tutte le falde sono ubiquitariamente sottoposte allo stesso rischio di inquinamento: c’è falda e falda e talvolta….non c’è).

2)    VLA  in funzione dell’uso del suolo, compreso quello “agricolo” (!)

La normativa regionale prescriveva il rispetto di entrambe le soglie di intervento: era sufficiente che una delle due soglie (di azione/intervento) fosse superata per attivare la bonifica. 

Trasferito l’approccio al caso in esame:

materiali di riporto:  rifiuti o matrice naturale?

Il superamento anche di una sola delle due soglie relega (i nrealtà, “trattiene”) i materiali di riporto nell’ambito di gestione dei “rifiuti”,  ma da una valutazione accettabile del rischio di inquinamento delle acque sotterranee e proporzionata caso per caso.

Per i materiali di riporto, la bozza del regolamento MATTM, invece, altro non è che la “bella copia” della nota 13338/14 a firma del dirigente Pernice. Una sorda, rigida presa di posizione “cautelativa” (di cosa?), priva di significato scientifico: brandendo una CSC come un’ipotetico, quanto immaginario,  strumento di protezione generalizzata, rappresenta un passo indietro di vent’anni rispetto, non solo allo stato dell’arte  e agli indirizzi comunitari, perfino ad un regolamento locale, primitivo  ma anche basato su un approccio scientifico-pragmatico, sperimentale, condivisibile e facilmente applicabile (con i mezzi e le conoscenze di allora…).

Il MATTM ha dimostrato una volta di più l’insostenibile leggerezza (per usare un eufemismo) quando pone mano agli argomenti tecnici; né brilla per efficienza ed autorevolezza l’ISPRA, consulente tecnico per eccellenza del dicastero.

Lo schema del regolamento è sottoposto a consultazione pubblica fino al 19 dicembre 2015….

Letture: 4659 | Commenti: 3 |
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3 Commenti a “I materiali da scavo secondo il dottor Frankenstein”

  1. I materiali da scavo secondo il dottor Frankenstein | studioFonzar's Blog scrive:
    Scritto il 2-12-2015 alle ore 02:21

    […] continua qui […]

  2. rodolfo scrive:
    Scritto il 6-12-2015 alle ore 14:57

    Grazie Corrado per questo commento. Spero si aggiungano altre voci su un argomento così articolato e delicato, vista anche l’importanza del tema Ambiente (i reati introdotti nel Codice Penale quest’anno ne sono una evidente testimonianza). Io sono interessato essendo consulente e collaboratore di società per gli adempimenti previsti dal Decreto Lgs 231 del 2001.

  3. Corrado Tumaini scrive:
    Scritto il 17-12-2015 alle ore 19:11

    Caro Rodolfo, ho atteso fino ad oggi in attesa delle reazioni tra i professionisti….

    Come sta scritto nel recentissimo rapporto Censis?!

    “…un Paese in letargo esistenziale collettivo..”

    Con tutte le pecche delle analisi Censis, mi sa che questa volta hanno azzeccato.

    Finora mi sono giunti pochi e tiepidi commenti, soprattutto nella posta individuale e in un’unica discussione aperta su Linkedin da un nostro collega del settore.

    Mah! Entro sabato compilerò il questionario, a titolo personale, replicando puntualmente articolo per articolo. Non servirà a niente per correggere il tiro del DPR, ma per un’ultima volta parteciperò.

    Un elenco preliminare di punti critici, redatto con il contributo dei commenti ricevuti da fuori prevede almeno le seguenti osservazioni:

    Art. 2: alcune definizioni differiscono da quelle riportate nel D.Lgs. 152/2006 (vedi ad esempio: art. 183 e art. 240): è indispensabile arrivare all’uniformità.

    Sempre art. 2: non vi sono indicazioni su come stabilire il 20% (in massa?, in volume?) del contenuto di materiali di origine antropica nei riporti. Rammento che già in passato (DM 161/12) l’onere della prova era stato posto da molte ARPA a carico del soggetto interessato (posizione molto di comodo da un lato ed estremamente rischiosa dall’altro).

    È scorretta la formula, peraltro ripetuta più volte, “destinazione d’uso URBANISTICA” che non trova correlazione diretta nel D.Lgs. 152/2006. Questo gioverebbe anche per la gestione dei siti contaminati, poichè spesso e volentieri si aprono infinite (e sfinitive) discussioni sulle tabelle di riferimento (CSC) e sugli obiettivi di bonifica (CSR).

    È opinione diffusa che la bozza di DPR complichi (invece di semplificare) la procedura di gestione deli materiali da scavo causata dalla richiesta di presentazione del Piano di utilizzo per tutti i casi presi in esame dal DPR, compresi quindi anche le terre per le quali si applicava l’art.184-bis. Similmente, con il DPR diverrebbe obbligatorio redigere un piano “preliminare di utilizzo in sito” anche per le terre gestite ora in art. 185 (mentre in precedenza non vi era necessità) [art. 24];

    Non è chiaro se per i sottoprodotti (che restano assoggettati al regime proprio dei beni e dei prodotti Art. 21 comma 7) si renda quindi necessaria marcatura CE , per usi e recuperi i sostituzione del materiale certificato (questione annosa e di grande interesse sia economicosia per la riduzione del consumo di materie prime.

    Non si comprende perché devono essere adottate rigide procedure ed essere redatti piani preliminari per l’utilizzo ex art. 185 delle terre solo per i cantieri di opere soggette a VIA (Art. 24 comma 2)

    L’elenco dei parametri da analizzare (taglia-incolla dal DM 162) è rappresentativo di niente.

    Il DPR non risolve un argomento critico perdurante “da sempre”: quale procedura analitica impiegare per scavi di materiali in terreni saturi? Quali parametri devon oessere analizzati?

    Resta ancora aperta la questione della identificazione delle “Normali Pratiche Industriali”, visto che nella bozza si è ancora limitati all’indicazione generale di carattere “esemplificativo” già presente nel DM 161/12. Sarebbe utile la resadione di un allegato tecnico con un elenco esaustivo.

    Allegato 4 – capoverso inerente lo scavo con additivi: l’impiego di bentonite (argilla naturale), per esempio per la realizzazione di pali, comporta il coinvolgimento di ISS e ISPRA?!

    In diversi tecnici si è consolidata l’idea che le regole introdotte dalla bozza di DPR finiranno per comprimere ulteriormente gli spazi di manovra dal punto di vista scientifico e tecnico, relegando ancora di più la materia della gestione dei materiali da scavo e dei siti contaminati ad un confronto/scontro burocratico e, quel che è peggio, giudiziario.

    Ancora su materiali di riporto, si rimarca come l’impostazione del DPR (a -lunghi- tratti astratta) esula dall’approccio della valutazione del rischio effettivo affermato nei regolamenti Europei e nel anche nel D.Lgs. 152/2006. A riguardo un’indicazione, che qui sottoscrivo, propone di assoggettare i materiali di riporto delle aree di bonifica alle procedure di caratterizzazione già previste dal testo unico ambientale superando il passaggio attraverso il test di cessione qualora, almeno nel caso sia previsto il loro riutilizzo in posto.

    Con l’esperienza maturata in trenta anni di bonifiche, anche da diversi organi tecnici istituzionali locali sono ormai giunte chiare valutazioni sulla NON rappresentatività del test di cessione al fine della salvaguardia delle acque sotteranee…

Scrivi il tuo commento!

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