4 gennaio 2012
Il Fantasma Inquieto della “legge Lunardi”
Negli ultimi mesi dell’anno appena concluso sono circolate numerose bozze del DDL Sviluppo, nelle quali era inserito un articolo finalizzato a classificare terre e rocce da scavo quali sottoprodotti e non più rifiuti, consentendone pertanto il riutilizzo e comportando in tal modo una riduzione dei costi delle infrastrutture.
Lascio agli appassionati del genere le dotti disquisizioni su terre, scavi, rifiuti sì rifiuti no, sottoprodotti, materie prime. Personalmente mi hanno tediato da tempo, anche se sono perfettamente conscio del volume di “affari” in gioco.
Ho già esposto in altre occasioni la mia posizione: non butto via mai niente se in tempi e modi ragionevoli la “cosa” può essere riutilizzata. Indipendentemente dall’essere in un periodo di “crisi economica” o “di sviluppo”.
Le bozze dell’articolo in questione contenevano però tutte un elemento che ha catturato immediatamente la mia attenzione: la riduzione dei costi delle infrastrutture attraverso il riutilizzo dei materiali da scavo era ricavato indirettamente da una norma scritta su misura alle opere infrastrutturali pubbliche che prevedevano la realizzazione di gallerie”.
Deja vu!! La legge -Obiettivo! La legge 21 dicembre 2001, n. 443: delega al Governo in materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici ed altri interventi per il rilancio delle attivita’ produttive. Dieci anni fa: la legge Lunardi!
Ancora nei primi giorni di dicembre era circolata la voce che un capitolo dal contenuto molto simile era stato inserito anche nella bozza del D.L. 6 dicembre 2011 n. 201 (cd “decreto salva-Italia”).
Il tentativo di riesumare la “legge Lunardi” non è passato inosservato, solleticando commenti: è sufficiente una ricerca rapida per tags: gallerie, scavo, contaminati, opere pubbliche……
Sennonché nel testo definitivo del DL 201 approvato, l’articolo “salva-gallerie” è scomparso. E di conseguenza, almeno per il momento, è inutile stare a commentare il contenuto del defunto articolo.
Mi resta però il dubbio che il fantasma che alloggiava nel mal posizionato articolo del DDL sviluppo sia ancora in circolazione e si aggiri inquieto nei meandri degli impianti legislativi in cerca di una nuova forma o, più comodamente, per annidarsi nel corpo di qualche altra legge, traendo forza da questa indebolendola.
L’atmosfera gotica rende inclini a sospettare, a camminare con la schiena strisciante al muro, dubbiosi davanti a un ombra e impazienti che la notte finisca.
Solo che questo non è un film. Questa è la realtà quotidiana di questo crollo dell’impero.
In tempi di crisi prospera il sospetto; ma siamo anche il Paese dei gialli irrisolti. Torna di moda il dietrismo: psicosi o voglia di verità ?. Non lo scrivo io adesso: è una riflessione apparsa sul Corriere nel 1992.
Quindi, è dietrismo ritenere che ci sia ancor qualcuno che abbia ancora da collocare un po’ di terra contaminata uscita dalla galleria, cosa non prevista dal progetto e nei costi? O che la copertura finanziaria degli oneri di smaltimento è stata invece distratta su altri capitoli per coprire altre magagne progettuali e adesso occorre rimediare “per legge”?
È destrismo proiettato nel futuro sospettare che una simile norma verrà buona quando (se mai sarà) si scaveranno i tunnel della Val di Susa o del Terzo Valico dentro rocce ad alto tenore di amianto? Non è ammesso il sospetto per il solo fatto che nei progetti le ipotesi di sezioni stratigrafiche lungo gli assi delle gallerie in questione prevedono che questi ammassi rocciosi non saranno intercettati alle quote di scavo? Anche se non supportati da carotaggi?
Perché debbo essere indotto a sospettare che nei cantieri delle gallerie attualmente in costruzione a servizio di opere pubbliche si usino prodotti inquinanti tali da inficiare l’eventuale riutilizzo delle terre e rocce da scavo qualora siano a queste miscelate? E con la salute nei luoghi di lavoro, allora, come la mettiamo?
Il nuovo Esecutivo pare stia preparando le basi per lo sviluppo a venire. Non occorre una grande preveggenza per ritenere molto probabile un nuovo rilancio delle opere infrastrutturali, ….resta solo l’imbarazzo di dove andare ancora a posarle. Pare anche, da indiscrezioni, che la moneta per finanziare le opere scarseggi. Pare che la cosa sia nota da tempo agli iniziati. Ma anche questo potrebbe essere frutto di velenoso dietrismo.
Forse bisognerebbe riesaminare con cura i “progetti” depositati da anni nelle sedi istituzionali. Sarebbe saggio. Ma non c’è tempo. Bisogna fare in fretta! Sono mesi che ce lo ripetono. Davanti c’è il baratro. …Niente di meglio di un bel Ponte per superarlo. Sulla sponda opposta: la montagna…Scaveremo una galleria. Chi si ferma a pensare è perduto, forse anche un irresponsabile, un traditore.
Odo un suono ovattato di catene, non troppo lontano. Saranno i Barbari o è uno spettro inquieto?
Scritto il 5-1-2012 alle ore 07:36
[…] Da postilla.it […]
Scritto il 5-1-2012 alle ore 23:55
Fatto salvo il noto detto che a pensar male si fa peccato, ma spesso si indovina, mi risulta che la composizione geoligica dei tunnel della val di Susa sia assimilabile a quella riscontrata nella nuova galleria di base del Gottardo. Mi risulta anche che gli svizzeri non si siano strappati i capelli e che i lavori proseguano nei tempi previsti programmati.
Scritto il 21-9-2012 alle ore 14:58
Caro Corrado, leggo ora ancorchè con ritardo,il tuo commento sul DDL sviluppo.
Sono estremamente in accordo con la tua opinione e volevo solo aggiungere (da arch. che si è occupata di indagini urbanistiche per la Procura su aree industriali dismesse – divenute edificabili con destinazione anche residenziale- in attuazione ai Piani integrati di intervento), che la problematica “di sviluppo ” (!!) tocca come sai anche i suoli urbani.
Quanto posso sapere è che una delle scuole di pensiero nell’ambito dell’ARPA (diciamo quella ancor oggi emarginata dalla Regione Lombardia), che io naturalmente condivido, la pensa come noi…….mala tempora currunt !!!
Scritto il 22-9-2012 alle ore 09:58
Cara Patrizia…non è mai troppo tardi! Non cito a caso questo, con rimando alla trasmissione del maestro Manzi che ha accompagnato l’infanzia della mia generazione (in bianco e nero) e ha contribuito alla formazione e alla diffusione di coscienza civile in Italia.
Non è mai troppo tardi. Se ci sono la volontà e il coraggio: due cose che non si possono comprare, non sono quotate in borsa, non sono misurabili con gli spred (ma possono essere fortificati con un certo numero di spritz…), che nessuno può regalartele.
Dalla pubblicazione del post in effetti è passato quasi un anno: poco o niente è maturato nella sostanza e, soprattutto, non è emersa la volontà di affrontare seriamente l’argomento. L’Esecutivo ha giusto emanato il 24 gennaio 2012 n. 1 “Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività”,contenente l’art. 49 relativo alla prossima emanazione di un regolamento per la gestione dei “materiali da scavo”, e il fratello secondogenito dl 25 gennaio 2012 n. 2 “Misure straordinarie e urgenti in materia ambientale”, con lo specifico art. 3 sui “materiali di riporto”, per il momento buoni solo a prestarsi ad ulteriori dotte disquisizioni giurisprudenziali, a rinvii nei procedimenti in attesa dell’emanazione del tal decreto o regolamento attuativo, a interpretazioni settarie e, perché no, a continui danni economici ed etici.
È vero che è “sparito” l’articolo salva-gallerie, ma desta subito l’attenzione del tecnico la motivazione presentata dal legislatore per adottare i provvedimenti citati o, per essere più chiari, per inserire i due articoli specifici sui “materiali di riporto” e sui “materiali da scavo” all’interno di provvedimenti URGENTI per “favorire la ripresa del processo di infrastrutturazione del Paese” (così nella relazione di accompagnamento dei testi di legge).
Già dalla prima lettura, molti tecnici, che quotidianamente si trovano ad affrontare un impianto normativo ambientale sempre più intricato e inestricabile , sono perplessi (…un eufemismo politically correct) in merito alla ragione (causa, obiettivo) che hanno condotto ad introdurre tale norme, ritenute fondamentali per il rilancio dell’economia nazionale che, con somma inventiva, anche l’attuale Esecutivo salva-Paese ritiene da imperniare sulle “solite” infrastrutture.
Dal generale al locale: “suoli urbani”, “scuole di pensiero”, “ARPA Lombardia” “aree industriali dismesse”, “PII” …”Procura”
….mala tempora? No, è “finis Africae”.
Da quanto posso comprendere dalla mia postazione, il comparto edilizio lombardo (e in Milano + hinterland in particolare) sta viaggiando a tre velocità:
1) su binari a scartamento ridotto e su binario morto per moltissimi procedimenti in corso da anni, caratterizzati da rinvii burocratici, ripensamenti amministrativi, riscritture complete di progetti, incompatibilità tra uffici, servizi, settori;
2) cantieri in movimento a velocità “normale”, dove tutto pare sia andato bene (almeno sinora) e che destano la “meraviglia” dei soggetti interessati delle aree limitrofe a scartamento ridotto;
3) cantieri arrivati in “stazione Milano Procura”, con i soggetti direttamente interessati (coinvolti, sarebbe il termine più appropriato, ma non è politically correct) che si sono (e sono stati) prontamente “diluiti”, “dirottati” su altre aree di intervento e mansioni, “ripuliti” (questi ultimi addirittura con pretese di risarcimento…. Qualcuno anche morto nel frattempo, rimpianto da amici e conoscenti.
Dura minga. Non può durare.
Difficile, difficilissimo proporre nuove soluzioni, innescare mediazioni tra le “scuole di pensiero”, adottare interventi appropriati e, soprattutto, proporzionati al problema.
Sempre più arduo non lasciarsi andare in argomentazioni forcaiole, queste tanto più sterili quante più di inutili esigenze (materiali e non) si insiste ad ammucchiare nelle case e nelle anime a fronte di insostenibili mutui bancari ed ipoteche morali ed etiche.
Coraggio e Volontà. Libertà e Responsabilità.
Proviamoci, ancora.