10 luglio 2009
Le parole sono – ancora – importanti
Capita ormai spesso di imbatterci in termini e definizioni di legge che suscitano perplessità. Recentemente, in una dotta disquisizione giuridica, l’Autore, ex magistrato, definisce questo fenomeno “sciatteria del legislatore”.
È un fenomeno relativamente recente, almeno per quanto riguarda le dimensioni assunte; pare anche che non sia confinato nel comparto ambientale, del quale mi occupo, ma che interessa un po’ tutti i settori regolamentati, anche quelli più “classici” e “consolidati”.
Alcune volte si tratta solo del risultato di incongruenti traduzioni da altre lingue. Infatti, nessuno ormai sta a spaccare il capello sul termine “bonifica ambientale”, anche se a breve potrebbe ridiventare di moda la “vecchia definizione”, quella che si trovava nei cartacei capitolati d’appalto della Sanità o del Genio militare… Ma di questo vedremo in un nuovo post prossimo alla pubblicazione.
Altre volte tocca conoscere le passioni del legislatore per comprendere l’uso di quella specifica parola o il neologismo. Quasi che sia necessario essere suoi intimi per penetrare nella regola. È il caso di “intervento di miglioramento ambientale” ( vedi http://corradotumaini.postilla.it/2009/06/30/intervento-di-miglioramento-ambientale/… e Sen. Orsi).
Da “tecnico”, appollaiato sul mio punto di osservazione, il più delle volte queste “sciatterie” non hanno effettivo peso, si va alla sostanza.
Ma se devo interloquire con un avvocato, un giurista? Ahi! Allora gli “ovvero” sono (ridiventano) “ovvero”,…ovvero “cioè” e non “in alternativa” anche se il legislatore intendeva proprio così, è nello ”spirito della legge”! Si capisce. Però… però…
Così anche per “pericolo” e “rischio”. C’è pericolo? O c’è rischio?
Qui, il realtà, il noto e maltratto capello è spaccato in più parti anche dal tecnico.
Perchè il pericolo è “oggettivo“, è lì, è noto e va levato. Punto.
Perchè il rischio è “ambiguo” e peraltro può essere anche qualcosa di “positivo“, va valutato e la valutazione è “soggettiva“. Come un punto di debolezza può essere trasformato in un punto di forza. Mentre una trappola resta tale, non può essere trasformata in una Opportunità.
Perchè se per il legislatore non c’è differenza tra i due vocaboli, quando questi vengono calati nello stesso articolo in quella polveriera che è la Parte sesta del Codice dell’Ambiente…
Vedi: Art. 301 : “[…] in applicazione del principio di precauzione di cui all’articolo 174, paragrafo 2, del Trattato Ce, in caso di pericoli, anche solo potenziali, per la salute umana e per l’ambiente, pur se non vi sia certezza scientifica in ordine all’effettività del rischio, deve essere assicurato un alto livello di protezione[…]”
nei punti successivi, definisce i limiti e le condizioni di applicazione del principio, cioè:
“ […] l’applicazione del principio concerne che il rischio comunque possa essere individuato a seguito di una preliminare valutazione scientifica obiettiva[…]”;
e le misure di cautela adottabili dal Ministro ai sensi dell’art. 304 del Decreto legislativo (“Azione di prevenzione”) siano:
“[…]
a) proporzionali rispetto livello di protezione che s’intende raggiungere;
b) non discriminatorie nella loro applicazione e coerenti con misure analoghe già adottate;
c) basate sull’esame dei potenziali vantaggi ed oneri;
d) aggiornabili alla luce di nuovi dati scientifici.”
[…]
Nella seconda parte il legislatore si è limitato a trascrivere la traduzione consolidata della Comunicazione EC n. 2/2000. E così non ha rischiato di ricadere nell’errore.
Ma, forse, qui non è più questione di carenze scolastiche nelle materie linguistiche, o dall’essere trascinati dall’hobby per la caccia. Forse l’errore è originato da una concezione distorta e ben radicata di cosa è pericolo e cosa è rischio nella nostra società moderna, tecnologica, iperprotettiva.
Tanto che, per rimediare, quando spunta la coscienza, si ricorre all’insegnamento. (A riguardo mi sono imbattuto in una pagina esemplare: http://www.scuolaer.it/allegato.asp?ID=478413. Sono grato agli Autori)
Si è perso il senso del pericolo. O (ovvero?!) è il rischio che pare abbia perso il suo ambiguo, ma proprio per questo, entusiasmante significato di sfida?
Il rischio come opportunità e non come pericolo. Nelle leggi, nei progetti.
Perchè: non rischiare … è pericoloso.
Scritto il 10-7-2009 alle ore 11:44
Caro Corrado, concordo.
Il rischio è necessario per una “buona cucina” ma deve avere anche un senso e deve valerne la pena, come bene dice Anton Ego in Ratatouille. E in questo si distingue dal pericolo.
“Per molti versi la professione del critico è facile: rischiamo molto poco pur approfittando del grande potere che abbiamo su coloro che sottopongono il loro lavoro al nostro giudizio; prosperiamo grazie alle recensioni negative che sono uno spasso da scrivere, e da leggere. Ma la triste realtà a cui ci dobbiamo rassegnare è che nel grande disegno delle cose anche l’opera più mediocre ha molta più anima del nostro giudizio che la definisce tale. Ma ci sono occasioni in cui un critico qualcosa rischia davvero: ad esempio nello scoprire e difendere il nuovo. (Anton Ego)
Scritto il 10-7-2009 alle ore 14:40
Caro Eugenio, stiamo sul culinario.
Per comprendere se siamo in pericolo o a rischio occorre filtrare. La sensazione è che se usiamo un colino a passante troppo stretto, questo si intasi subito e non passi più niente, ma se allarghiamo le maglie la minestra non è più quella.
Vista da tecnico, così è anche per le leggi quando devono essere servite a tavola tutti i giorni.
E così è stato per l’impianto normativo che regola le bonifiche. Quando a fine 1999 uscì il DM 471 come attuativo dell’Art.17 d.lgs 22/97, fu “servito” qualcosa di veramente nuovo. Ovviamente le recensioni furono anche feroci. “curiosamente”, più da parte degli “avvocati”, mentre i “tecnici”, con il passa parola, hanno rapidamente incominciato a frequentare il locale e a farne la fortuna.
Come in quelle trattorie che ormai conosci, con il passare del tempo sapevi scegliere nel menù e, magari, azzardavi a chiedere, ogni tanto, qualche variante o aggiunta. Se in cucina erano “in giornata” ed erano propensi a rischiare, uscivano anche delle novità, che poi entravano nel menù.
Poi c’è stato il “rinnovo del locale”: ora si chiama “Codice dell’Ambiente”.
Con il ricordo “di prima” e la curiosità di “vedere cosa servono di nuovo adesso” si è andati avanti anche dopo la prima e la seconda e la terza portata… ma è sempre peggio. E si incomincia a temere anche l’arrivo del conto.
Lo stomaco dà segni di ribellione, la testa è pesante: come scrivere una “critica” positiva davanti a una ratatouille così male assortita ?