Una vergogna…quando i “diversamente abili” sono letteralmente “mandati a pascolo” dall’On.le (o biasimevole?) Gelmini…
Luigi De Valeri scrive:
Scritto il 21-3-2011 alle ore 18:27
L’anniversario dell’unità d’Italia nel ricordo di tutti coloro che hanno dato la vita per raggiungere questo scopo deve spronarci a migliorare la società civile cominciando dai rapporti interpersonali.
In funzione delle prossime elezioni la valutazione attenta di coloro che dovranno rappresentarci riveste una priorità assoluta.
Per fare questo è necessaria la modifica della legge elettorale ovvero la reintroduzione delle preferenze unica vera possibilità per l’elettore di scegliere il proprio rappresentante.
Auguri da Roma a tutti coloro che sono orgogliosi di essere italiani.
Corrado Tumaini scrive:
Scritto il 21-3-2011 alle ore 20:07
Ahia! Due commenti fuori tema.
@ “Giado”: difficile trovare uno spunto di riflessione per collegare il messaggio del post con le dichiarazioni dell’On Gelmini….. Però Ti riporto di seguito il testo intero da dove ho estratto la frase:
“Dobbiamo sradicare dall’anima tutta la paura e il timore di ciò che il futuro può portare all’uomo.
Possiamo acquisire serenità in tutti i sentimenti e sensazioni rispetto al futuro.
Possiamo guardare in avanti con assoluta equanimità verso tutto ciò che può venire.
E possiamo pensare che tutto quello che verrà
ci sarà dato da una direzione del mondo piena di sapienza.
Questo è parte di ciò che possiamo imparare in questa era:
a saper vivere con assoluta fiducia,
senza nessuna sicurezza nell’esistenza,
fiducia nell’aiuto sempre presente del mondo spirituale.
In verità nulla avrà valore se ci manca il coraggio.
Discipliniamo la nostra volontà
e cerchiamo il risveglio interiore.”
E’ una “preghiera laica” del 1920 circa, quando l’Europa era appena uscita dal conflitto mondiale e di apprestava ad entrare nel suo periodo più buio e scellerato. Così come chi pensava a un Paese unito e libero da reucoli e Papa re usciva dalle guerre napoleoniche ed entrava nel periodo della restaurazione. E come chi ha pensato un’Europa unita in un’epoca dove l aparola speranza è persa essere dispersa per sempre…
E. adesso, Giado che pensi delle dichiarazioni dell’On. Gelmini: passeranno alla Storia?
@ Luigi: caro collega blogger, che c’azzecca il richiamo al coraggio e al valore con il pastrocchio della legge elettorale? Idem e, soprattutto, perchè il richiamo a chi diede la vita (anche senza lasciarcela, ma operando con dedizione e GRATUITA’)? “Poter” sceliere il candidato è “delegare” non è “libertà, giustizia, solidarietà” non c’è nessuna forma di coraggio nel votare, semmai ultimamente un po’ di imbarazzo…
Chi ha dato, dà e continuerà a dare la vita per questi valori non ha delegato.
In quanto all’orgoglio di essere Italiano oggi, beh! consentimi di limitare il mio entusiasmo a una cauta soddisfazione…..
elleemme scrive:
Scritto il 21-3-2011 alle ore 20:08
è vero, soprattutto se manca il coraggio (o viltà?) di raccontare la vera STORIA. hanno tentato, riuscendo, di far credere che l’unità d’italia – e la proclamazione del regno d’italia – sia avvenuta per caso e non per l’assunzione responsabile di casa savoia che si è messa in una “avventura”, anche economica, con il rischio di perdere tutto, trono compreso.
amato, antisabaudo per eccellenza, il suo re era bettino!, ha voluto imporre l’esclusione da qualsiasi cerimonia dei discendenti savoia, in parte gli è riuscita anche se napolitano li ha poi voluti almeno al pantheon con l’impegno di non salutarli!!!!!!
è stato detto e scritto: un popolo che ignora e dimentica la propria storia è un popolo destinato a non avere futuro!
mi auguro di no! sarebbe triste.
w l’italia, nonostante tutto!!!
Corrado Tumaini scrive:
Scritto il 21-3-2011 alle ore 20:44
E tre….
Paolo scrive:
Scritto il 22-3-2011 alle ore 17:00
E quattro…. spero di no.
In effetti la “preghiera laica” è figlia di un periodo in cui era difficile poter “vedere” il futuro ma era senz’altro viva la speranza in una direzione del mondo piena di sapienza con la consapevolezza che in ogni caso ciascuno avrebbe dovuto mettersi in gioco per cercare di migliorare le propre condizioni ma anche il mondo in cui viveva.
Non si spiegherebbero altrimenti tante manifestazioni di coraggio di cui oggi forse si sono perse le tracce.
Ed infatti si ha il sospetto che quella bandiera sopra effigiata valga ben poco perchè non è più di stimolo a vivere con la fiducia di un avvvenire che oggi ci appare sempre più lontano dalle nostre capacità.
elleemme scrive:
Scritto il 22-3-2011 alle ore 22:33
anche perchè quella bandiera è stata privata, o meglio mutilata, di qualcosa di molto simbolico. lo diceva anche guareschi!
Corrado Tumaini scrive:
Scritto il 23-3-2011 alle ore 08:48
E QUATTRO!!
caro “elleemme”, non è questo l’argomento che ha ispirato il post nè lo spirito di un blog di e per professionisti….
Se poi CI manca il coraggio anche di firmare….
Troverai sicuramente maggiore comprensione su altri lidi, per esempio, fai un’incursione su questi blog:
elleemme scrive:
Scritto il 24-3-2011 alle ore 02:27
prendo atto che i miei commenti danno fastidio e tolgo il disturbo!!!
scusi, ma non capisco allora perchè della bandiera, se questa ha un senso ed un valore. a meno che la si sia messa li per farne un uso ipotizzato da qualcuno in quel di venezia in tempi non lontani…..
grazie comunque e buona fortuna!
Andrea D scrive:
Scritto il 20-4-2011 alle ore 14:56
Xelleemme:
E CINQUE!!
io aggiungo:
“.. la stragrande maggioranza dei problemi umani, sia su scala personale sia a livello di umanità, sembra proprio che derivi dall’incapacità di provare un sincero interesse per gli altri e di mettersi al loro posto…”
MATTHIEU
Ora proviamo seriamente a metterci al posto degli Italiani.
Andrea
emilio scrive:
Scritto il 5-6-2011 alle ore 03:08
Leggo in ritardo questo blog, ma desisero intervenire ugualmente.
Perchè “mille di questi giorni”?
Non mi pare che l’Italia stia molto bene e questo a prescindere dall’essere pro o contro Berlusconi, ma dal constatare che esistono potentati che condizionano pesantemente la nazione senza dover rispondere a nessuno, se non a se stessi, neppure ai loro azionisti, che non contano nulla se non appartengono alla cricca dei potenti: Tronchetti Provera faceva ciò che gli pareva con Tim e Telecom possedendo direttamente solo circa il 4,5% delle azioni di entrambe. Penso ai potentati economici (Mediobanca, anche se ora, per fortuna, pare avere meno peso dei tempi di Cuccia, ma la “questione Generali” lascia assai perplessi), giornalistici-economici (chi mai sono gli azionisti di riferimento dei gruppi del Corriere della sera o di Repubblica, cioè dei due gruppi di maggior diffusione?) e burocratici, tutti interessati allo status quo da cui ottengono notevoli ed ingiustificati benefici.
Quanto poi ai 150 anni dell’unità d’Italia mi sembra solo una fastidiosa ipocrisia. Nel 1861 esisteva solo il Regno d’Italia di cui non facevano parte il Veneto, il Friuli-Venezia Giulia, il Trentino-Alto Adige, il Mantovano e lo Stato Pontificio.
Di fatto l’unità d’Italia è esistita solo tra il 1918 ed il 1943. Questo non è uno sciocco revanchismo, ma solo un dato storico.
Saluti.
Emilio
Corrado Tumaini scrive:
Scritto il 6-6-2011 alle ore 20:29
Penso che uno dei primi obiettivi di un post sia “far entrare la luce” su un argomento, come nella novella dei due rebbi nel pozzo (http://www.corradotumaini.com/blog/category/home_more) e non “spiegare”.
Ma tant’è, e qualche “precisazione” corre l’obbligo di fare.
1) che l’Italia non stia attraversando un periodo felice e c’è poco da festeggiare ce ne siamo accorti un po’ tutti;
2) che sia un paese di vecchi ma non di anziani, di creativi ma non di saggi, di valori effimeri acquistati a rate (e rifinanziati da mutui) non ci piove;
3) che l’intero Paese viva di rendita, e di questo si lustri per decenni, su imprese che, periodicamente, sono compiute da una ristrettissima minoranza (puntualmente poi “revisionata” dai figli e nipoti) è mia ferma convinzione;
4) che vi sia in Italia abbondanza di imprenditori, banchieri (e bancari), burocrati con la iniziali minuscole ma con gli Appetiti maiuscoli è incontrovertibile.
Ma nel 1860 non era poi mica tanto diversa la situazione, se ci fermiamo ai luoghi comuni….
Il post minimalista recita “Mille 17 Maggio ma nulla a valore se CI manca il coraggio”: l’unità del Paese non avrebbe nessun valore senza la condivisione su una idea di sacrificio e di coraggio. Nel 1861 così come oggi.
È solo venendo a indebolirsi questa credenza nell’illusione di un paese migliore che si (ri)genera la nostra parte peggiore e che, sa solo il Signore perché, è poi quella sulla quale ci adagiamo così comodamente piangendoci addosso e la cui immagine esportiamo senza pudore nel mondo.
Ma in Italia, per miracolo e per bravura, sopravvive sempre quella parte “non visibile” che talvolta esce allo scoperto e parte male armata per attaccare un sistema politico e il suo intero esercito, o tiene tenacissima una infetta trincea sul Piave forte dei suoi 18 anni e morsa dai pidocchi, o si ribella ai genitori assuefatti da 20 anni di propaganda e oppone Resistenza o, ancora, si accende in un fuoco violento rigettando definitivamente un’educazione basata sull’ipocrisia e sulle convenzioni. Consegnando tutto, anche la vita.
Quindi: “Mille 17 Marzo, mille Novembre ’17, mille 25 Aprile, mille ’69! Senza nessun rimpianto per i borbone, i papa re, i savoia e le 124. E pochi rimorsi per gli errori e gli eccessi: solo chi fa sbaglia, chi non sa fare giudica.
La scorsa settimana pare si sia concretizzato un messaggio, discreto ma che sta creando disagio ai soliti vecchi furbi, fra qualche giorno ci sarà un’altra modesta ma non trascurabile opportunità di dismettere i klinex e sentirsi un po’ più liberi e di scegliere con un occhio puntato sul futuro e non sulla nuca . Coraggio ci vuole. E costanza.
emilio scrive:
Scritto il 7-6-2011 alle ore 00:56
Sostenere che Pisapia o Fassino siano il nuovo che avanza mi pare una eccentricità a dir poco
Corrado Tumaini scrive:
Scritto il 7-6-2011 alle ore 09:12
Caro Emilio, questo lo scrivi tu….non io.
Ma volendo proprio entrare in polemica: per parallelismo, anche affermare che Crispi e LA farina siano stati il nuovo che avanzava nel maggio del 1860 è una eccentricità.
Per favore, concentriamo l’attenzione sugli altri “novecentonovantotto” e non eludiamo il problema…
emilio scrive:
Scritto il 7-6-2011 alle ore 09:57
Solo per curiosirà, chi mai sono gli altri novecentonovantotto? Fra di essi forse Tabacci?
“Così non si decolla, entriamo nella zona acid-blog”
“Accendere le luci! E tutti (ognuno di noi) al lavoro!”
Andrea D scrive:
Scritto il 7-6-2011 alle ore 18:24
Il nuovo è qualcosa di diverso dal vecchio,
Se avanza lo vedremo sui fatti, ora è presto per parlarne perchè prima di vedere le parole sono “aria fritta”.
Tumaini scrive “… e sentirsi un po’ più liberi e di scegliere con un occhio puntato sul futuro e non sulla nuca”
A tal proposito lo strumento più importane della nostra costituzione è il refrendum, ed aggiungo che un referendum non è mai inutile (chi lo avrà detto?) che sia in un verso o nell’altro…
L’acqua scorre sempre per gravità e ci dà la vita, l’aria occupa lo spazio che ha a disposizione e anch’essa ci dà la vita, il resto, oltre alla vita è un di più…
Nulla ha valore se manca il coraggio, il coraggio, aggiungo io è il coraggio di scegliere e portare avanti le proprie scelte.
ultimo:
“odio gli indifferenti…. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti”
Corrado Tumaini scrive:
Scritto il 14-6-2011 alle ore 09:19
12-13 Giugno 2011
@ Paolo e a tutte le donne e gli uomini di buona volontà: su la testa!!
Emilio scrive:
Scritto il 14-6-2011 alle ore 20:39
Forse perchè sono vecchio o perchè ne ho viste troppe, mi sembra che il “su la testa” sia una ottima affermazione, ma che poi si scontri, perdendo, con la realtà dei fatti. Basta citare il referendum sulla responsabilità dei giudici o il balzo in Borsa dei titoli energetici appena si è capito che i referendum appena finiti avrebbero raggiunto il quorum: guarda caso un notissimo quotidiano romano (che ha svolto un abbondante campagna pro referendum) è dello stesso proprietario di un’altra nota impresa che, riccamente foraggiata dallo stato (o meglio da noi tutti, dato che quest’anno la parte più consistente dell’aumento delle bollette, circa il 77% del rincaro, è a ristoro degli incentivi per la produzione di energia “verde”), genera e distribuisce energia “alternativa”.
Personalmente rimpiango molto che mia figlia, nonostante i miei consigli, sia rimasta in Italia e che se ne penta solo da poco. Spero ardentemente che i miei due nipoti se ne vadano e questo a prescindere da quanto scrivo sotto circa i referendum e dalle opinioni personali sui quesiti posti. E’ che da reputo che siamo un aggregato di persone (non un popolo) vecchio è stanco, temente il nuovo, che siamo eterodiretti pesantemente (più di molte altri stati) da potentati economici o da chi si propone di raggiungere un potere che non dovrebbe appartenergli (per motivi professionali ho vissuto “Mani pulite” dal di dentro, a contatti con l’alta dirigenza delle più importanti imprese di costruzioni e, se è vero che se non foraggiavi TUTTI i partiti, NESSUNO escluso, non lavoravi, è altrettanto vero che ci guadagnava sul serio erano le imprese: basta confrontare gli importi di contratto con quelli finali, tenendo presente che le tangenti erano dell’ordine del 7%) e che esiste un enorme coacervo di interessi a mantenere lo status quo, anche a bassi livelli (burocrazia docet). Di conseguenza non credo a future modifiche non gattopardesche, a meno di un’evento traumatico eccezionale (una catastrofe estesissima, una guerra o, più probabilmente, una calata di alieni), anche se, onestamente, penso che sia tutto da stabilire se il costo di questo fatto sia minore del mantenimento della situazione attuale.
Circa il referendum, che non sia mai inutile non è del tutto vero: ho scritto sopra della responsabilità dei giudici, ma potrei citare la soppressione del Ministero dell’agricoltura e tanti altri.
E poi, sarò elitario, tecnocrate o snob (ma non me ne importa), dubito assai che TUTTI i referendum siano un buon strumento, a meno di non voler essere populisti. E’ assai rischioso sottoporre certi argomenti a chi “ragiona con la pancia” (non dimentichiamoci che tra le nazioni “avanzate” siano quelli con la scolarità più bassa). Io stesso che pure, per studi fatti, per fortuna professionale e per curiosità, ho, mi si permetta di scriverlo, una solida base tecnica, mi trovo in difficoltà quando la tecnica si intreccia, ad esempio, con l’economia. Per farmi un’opinione seria, comprendente anche ques’ultima, devo cercare e studiare testi quanto mai ostici per me, limitandomi strettamente, per giunta, a ciò che in quel momento mi interessa. Ma quanti si comportano in questo modo?
Cordiali saluti.
Emilio
Corrado Tumaini scrive:
Scritto il 21-6-2011 alle ore 17:02
Con l’ultimo (in ordine di pubblicazione) commento di Emilio si ritorna all’essenza vera del post: nulla di quanto noi pensiamo, crediamo, creiamo ha infine valore, solidità, se ci manca il coraggio di essere e di esporci a sacrifici. Dai commenti giunti emergono infatti tre percorsi caratteristici di questa epoca:
1) la voglia non sopita di qualcosa di nuovo di pulito che coesiste con l’amarezza delle frequenti delusioni e disinganni che, puntualmente, piombano sulla speranza. Deboli fiammelle sparse battute dai venti. Il peso opprimente della quotidianità conformista contro la voglia di fare. La paura di non farcela che finsice con lo spegnere molte di queste fiammelle e lo sciupare talenti. I brevi, discreti momenti di respiro a fronte di piccole (piccole?) soddisfazioni. Una maturità creata su spirito studio ed esperienza, pronta per essere trasmessa alla nuova generazione ma che, priva di un appoggio sicuro, non trova finalmente il coraggio di osare, di uscire allo scoperto.
2) la voglia di far mettere le radici al nuovo, perchè nel nuovo si è totalmente immersi (si “è” il nuovo), consci di una preparazione individuale già adulta e pronta per l’azione, un momento prima di arrivare al bivio con il percorso 1): e poi? In passato, abbiamo perso molti sinceri compagni di strada, in genere i più “sensibili” e quindi più i fragili, anche se non necessariamente i “migliori” di noi per il sol ofatto di essere caduti, ai quali è mancato il coraggio di continuare a provare.
3) la via del pianto continuo e del rancore più crudo; tutti “disincantati” dalla esperienza ma in realtà ben accomodati sulle convenzioni e sulle connivenze (quesito: è nato prima il corrotto o il corruttore?); senza neanche più quella visione del mondo “con la nuca” dei bei tempi andati (“si stava meglio quando si stava peggio!”); e allora vai con i discorsi da bar sport, i luoghi comuni: “non ci sono più le mezze stagioni….e neanche i giovani sono più quelli di una volta! “….”quando c’era Craxi rubavano tutti…però il denaro girava, adesso invece….”(per inciso, a quell’epoca a me “giravano” altre cose, urka se mi giravano!)… ” i giovani di oggi hanno tutto, pretendono tutto pronto e non sanno fare niente!” (ma chi ha dato loro “tutto”, cioè solo il superfluo ma non li ha preparati per il futuro?). E vai con il libero sfogo allo sport nazionale del diprezzo per il proprio Paese (che, sì, abbiamo largamente contribuito a far diventare quello che è…. ma “per colpa degli altri”) e “il sole che risplende solo all’estero”. Questa è l’Italia che “non sbaglia mai”, che sa sempre tutto e, soprattutto, cosa è più conveniente fare, ma è senza idee, senza coraggio, vecchia ma mai anziana, abile ma già parassita.
Eppure…eppure c’è un’Italia Paese che “non si vede”, un pezzetto di Umanità “non visibile” ma molto molto reale.
Emilio scrive:
Scritto il 21-6-2011 alle ore 23:49
Due sole note.
La prima è relativa ai socialisti (cui non sono mai appartenuto; fra l’altro detestavo il modo di porsi di Craxi) ed al loro rubare. Assicuro che non rubavano più degli altri, solo che, essendo abbastanza nuovi del potere, erano meno raffinati, più plateali degli altri. In realtà il grasso che colava era (era?) essenzialmente a favore delle imprese.
La seconda è collegata sia a quanto sopra scritto da Corrado Tumaini, sia ad uno scambio di opinioni con un ex sindaco di un paese (più esattamente collegato senza soluzione di continuità con Milano) e di idee politiche ben lontane dalle mie. Entrambi abbiamo convenuto che quello italiano non è un Popolo. In altri termini ancora oggi l’Italia non è una nazione, ma solo uno stato o meglio, come sosteneva il Metternich, è unicamente un’espressione geografica. Per altro temo che la situazione non cambierà mai se non faremo veramente i conti con la nostra storia: parli di Risorgimento e Resistenza.
Saluti.
Emilio
P.S. l’argomento mi appassiona molto. Se non disturbo approfitterò dei miei giri in moto per venirla a trovare. Ovviamente con il suo consenso e con opportuno preavviso.
Corrado Tumaini scrive:
Scritto il 22-6-2011 alle ore 16:09
@ Emilio
il riferimento specifico a Craxi ha carattere generale, sta a caratterizzare l’epoca (come nella altrettanto usata frase “Si stava meglio..etc. etc.”
spesso si introduceva “..quando c’era LUI!”.
Mi è ritornata in mente perchè ha soppiantato la precedente nel pignisteo “nostalgico” della prima Repubblica.
Niente di personale quindi con i Socialisti: Garibaldi lo era, mio nonno Nino anche (turatiano, votò scheda bianca nelle elezioni del ’22: un paio di mesi nascosto nei campi di mais…).
Daccordissimo sul chi ci guadagnò realmente allora con quel sistema, anch’io stavo lavorando, verso la fine dell’epoca, per le grandi infrastrutture….
Sui concetti di “popolo”, “Nazione”, Stato” si è discusso già in passato su Postilla, per esempio nella discussione sul “crocifisso” iniziata da Stern.
E qui non sono daccordo sull’idea così radicale del non-popolo, non-Nazione e non-Stato degli italiani e dell’Italia.
Premetto che, affrontando la discussione, so perfettamente di rischiare di infilarmi in un campo (minato) che non è il mio e vorrei quindi sfilarmi dall’esporre “luoghi comuni.
Però il sasso l’ho lanciato prima io, con questa faccenda del “coraggio”…
Mi limito, per ora, ad esporre per sommi (estremi,sintetici) capi la mia base di ragionamento:
1) questa non è più l’epoca dell’appartenenza incondizionata a un nazione, a un popolo: siamo entrati, per lo meno da un secolo, nell’epoca dell’individuo (che non è “ognuno per sé..”)
2) ergo, gli ideali del Risorgimento appartengono alla nostra Tradizione, sono sacrosanti, non si toccano ma per continuare a vivere in noi e nelle generazioni future devono poter essere arricchiti dall’adesso e tradotti al futuro prossimo;
3)la Resistenza è la nostra (italiana) seconda prova dell'”illusione della speranza”;
4) da geologo,…anche la geomorfologia talvolta aiuta o contrasta: più facile “fare” popolo su un territorio squadrato e poco montuoso, piuttosto che su una striscia lunga, stretta accidentata circondata dal mare quasi interamente; abbiamo avuto popolazioni locali che sono rimaste, anche in epoche recentissime, isolate dal resto del Paese. Metternich aveva un facile dire e schernire…allora….resta il fatto che il suo Impero….
5) il concetto di Stato è relativametne recente, ed è un’invenzione brillante per tenere assieme più teste; mi domando spesso cosa sarebbe oggi l”espressione geografica” Italia se l’unificazione fosse partita dal Regno delle due Sicilie (ben più potente e ben in arnese del sabaudo) o se si fosse concretizzato il progetto di Cavour di una federazione italiana dei quattro regni senza il colpo di mano dei Mille (e quel simpaticone di doppiogiuchista di Vittorio Emanule II)
Emilio scrive:
Scritto il 22-6-2011 alle ore 20:53
Sono contento degli spunti che mi forniscono le sue risposte. Nell’ambito di “Mille di quasti giorni” penso sia ineludibile discutere di Risorgimento e Resistenza.
Quali erano gli ideali del Risorgimento? Quelli di Mazzini o di Cavour o di Carlo Cattaneo? Di fatto il Risorgimento è stato una guerra di conquista (penso, per altro, che ciò sia comune alle nascite di tutti gli stati) di una dinastia francese che, vaso di coccio tra quelli di ferro, non ha fatto altro che mutare alleanze ad ogni pie’ sospinto, tratto che è rimasto nel suo DNA sino alla sua fine. Di fatto i Savoia hanno condotto un’unificazione di rapina. Qui mi devo dilungare un po’. A prescindere dalle rivendicazioni neoborboniche fuori tempo (però è vero che il Regno delle Due Sicilie aveva una flotta e industrie meccaniche tra le migliori d’Europa), è da notare che la scrivania da cui quello di turno inventa nuovamente, ad ogni fine d’anno, il manico dell’ombrello (o l’acqua calda, se si preferisce) proviene dalla reggia di Colorno di Maria Luisa d’Austria da cui e dal cui circondario sparirono, per volontà dei Savoia, oltre 28000 (ventottomila) oggetti di pregio. A Colorno sono rimaste solo due grandi ed intrasportabili specchiere. Il fatto più gustoso, però, è che nella reggia c’è da un po’ di anni un tavolo, facente parte in origine del Casino di Caccia annesso alla reggia, donato dall’editore Franco Maria Ricci che lo acquistò da un privato. Segno che ciò che è stato preso dal parmense non è stato devoluto completamente al Regno d’Italia (sarebbe potuto anche essere accettabile) ma se lo sono intascato direttamente anche i Savoia. Pare quasi che fosse meglio quel furfante di Napoleone, di cui si può dire di tutto, ma non che si sia messo in tasca ciò che ha razziato qui, in Egitto, ecc. Del resto è poco credibile un afflato spirituale di unità in una corte tra le più rozze e retrive d’Europa in cui, è bene ricordarlo, si parlava solo in dialetto od in francese, mai in italiano. Resto convinto che a Vittorio Emanuele II interessassero di più la bella Rosina o le donne che reclamava, insistentemente, svegliandosi di notte (piccola polemica, non a favore di Berlusconi ma per la verità: è storicamente accertato che il bunga bunga esiste in Italia da oltre 150 anni, ma per suo fondatore si preferiscono solo i panegirici).
Considerazioni analoghe si possono fare sulla Resistenza. Quali erano gli ideali? Quelli degli assassini di Malga Porzius (ho origini friulane) o degli infoibatori degli inghiottitoi del Carso e di Bus dal Lum (Bosco del Cansiglio)? Degli scorridori del Triangolo della Morte emiliano o di chi, la maggior parte dei partigiani, era di di fatto al servizio dell’URSS (Pajetta, Longo e simili)? Di chi ne approfittò per vendette private o di quelli che persero la vita per inseguire realmente un proprio ideale.
Oppure, ancora, di chi per anni tenne nascoste armi (la famigerata Volante Rossa che nulla aveva di meglio dell’altrettanto famigerata banda Koch, tristemente nota a Milano) continuando a sognare una rivoluzione proletaria? Proprio ieri sera parlavo con un nipote di un partigiano, insignito di medaglia d’argento per le sue gesta, che era perfettamente d’accordo con me sulla sostanza di quanto ho scrito sopra, avendo il nonno lasciato in eredità, tra l’altro, un piccolo arsenale di armi e munizioni, gettate dagli eredi nel Naviglio a Milano. Sono convinto che in taluni casi fosse reale il trinaricismo guareschiano: ricordiamoci che Pajetta asseriva che tra la verità ed il partito sceglieva senza alcun dubbio il secondo.
Sicuramente la migliore descrizione della Resistenza la ha fornita un partigiano anomalo, Beppe Fenoglio, che nel suo racconto “I cento giorni della città di Alba” scrive “Alba la conquistarono in duemila e la difesero in duecento”, anche perchè in un borgo vicino si svolveva la festa del paese ed era molto facile attaccare botone con le ragazze e non sentire l’urlo della mitragliatrice che proveniva da Alba
E’ proprio certo che quello dei Mille sia stato un colpo di mano?
E’ ben strano che una polizia occhialuta come quella sabauda non si sia accorta dell’imbarco di circa mille persone. Come hanno potuto, poi, costoro entrare nel presidio di Talamone e razziare armi, senza che la guarnigione muovesse un dito? Perchè solo pochi giorni prima Talamone era stato rifornito all’inverosimile di armi? Perchè la flotta inglese (con navi armate, poiché l’Inghilterra aveva forti interessi economici in Sicilia) che stazionava dalle parti di Marsala ha fatto finta di non vedere nulla? Chi aveva autorizzato Garibaldi ad esporsi economicamente, per una grossa cifra, per corrompere il generale comandante le truppe borboniche che, tra lo stupore del suo stato maggiore, ordinò la ritirata mentre i suoi uomini stavano ricacciando in mare i garibaldini? Ma è certo che questo impegno fosse stato preso da Garibaldi? E come ha fatto Vittorio Emanuele II a trovarsi a Teano al momento giusto? Allora non esistevano i Freccia Rossa né, tanto meno, gli aerei.
Poi, come sempre, la storia la scrivono i vincitori e chi nel meridione si opponeva loro era un brigante o un suo fiancheggiatore, degno di subire eccidi come a Pontelandolfo, Casalduni e Campolattaro, tutti abbastanza vicini a Campobasso, città in cui risiede mia suocera. Del resto anche i partigiani erano definiti briganti dai nazi-fascisti che, per fortuna , hanno perso, cosicchè i libri di storia su cui si studia non chiamano tali i primi. Per altro non è da trascurare che il D’Azelio non riusciva a capire perchè per mantenere l’ordine a Sud del Tronto fossero necessarie il doppio delle divisioni di quelle bastanti a nord del fiume
Scritto il 21-3-2011 alle ore 16:32
Una vergogna…quando i “diversamente abili” sono letteralmente “mandati a pascolo” dall’On.le (o biasimevole?) Gelmini…
Scritto il 21-3-2011 alle ore 18:27
L’anniversario dell’unità d’Italia nel ricordo di tutti coloro che hanno dato la vita per raggiungere questo scopo deve spronarci a migliorare la società civile cominciando dai rapporti interpersonali.
In funzione delle prossime elezioni la valutazione attenta di coloro che dovranno rappresentarci riveste una priorità assoluta.
Per fare questo è necessaria la modifica della legge elettorale ovvero la reintroduzione delle preferenze unica vera possibilità per l’elettore di scegliere il proprio rappresentante.
Auguri da Roma a tutti coloro che sono orgogliosi di essere italiani.
Scritto il 21-3-2011 alle ore 20:07
Ahia! Due commenti fuori tema.
@ “Giado”: difficile trovare uno spunto di riflessione per collegare il messaggio del post con le dichiarazioni dell’On Gelmini….. Però Ti riporto di seguito il testo intero da dove ho estratto la frase:
“Dobbiamo sradicare dall’anima tutta la paura e il timore di ciò che il futuro può portare all’uomo.
Possiamo acquisire serenità in tutti i sentimenti e sensazioni rispetto al futuro.
Possiamo guardare in avanti con assoluta equanimità verso tutto ciò che può venire.
E possiamo pensare che tutto quello che verrà
ci sarà dato da una direzione del mondo piena di sapienza.
Questo è parte di ciò che possiamo imparare in questa era:
a saper vivere con assoluta fiducia,
senza nessuna sicurezza nell’esistenza,
fiducia nell’aiuto sempre presente del mondo spirituale.
In verità nulla avrà valore se ci manca il coraggio.
Discipliniamo la nostra volontà
e cerchiamo il risveglio interiore.”
E’ una “preghiera laica” del 1920 circa, quando l’Europa era appena uscita dal conflitto mondiale e di apprestava ad entrare nel suo periodo più buio e scellerato. Così come chi pensava a un Paese unito e libero da reucoli e Papa re usciva dalle guerre napoleoniche ed entrava nel periodo della restaurazione. E come chi ha pensato un’Europa unita in un’epoca dove l aparola speranza è persa essere dispersa per sempre…
E. adesso, Giado che pensi delle dichiarazioni dell’On. Gelmini: passeranno alla Storia?
@ Luigi: caro collega blogger, che c’azzecca il richiamo al coraggio e al valore con il pastrocchio della legge elettorale? Idem e, soprattutto, perchè il richiamo a chi diede la vita (anche senza lasciarcela, ma operando con dedizione e GRATUITA’)? “Poter” sceliere il candidato è “delegare” non è “libertà, giustizia, solidarietà” non c’è nessuna forma di coraggio nel votare, semmai ultimamente un po’ di imbarazzo…
Chi ha dato, dà e continuerà a dare la vita per questi valori non ha delegato.
In quanto all’orgoglio di essere Italiano oggi, beh! consentimi di limitare il mio entusiasmo a una cauta soddisfazione…..
Scritto il 21-3-2011 alle ore 20:08
è vero, soprattutto se manca il coraggio (o viltà?) di raccontare la vera STORIA. hanno tentato, riuscendo, di far credere che l’unità d’italia – e la proclamazione del regno d’italia – sia avvenuta per caso e non per l’assunzione responsabile di casa savoia che si è messa in una “avventura”, anche economica, con il rischio di perdere tutto, trono compreso.
amato, antisabaudo per eccellenza, il suo re era bettino!, ha voluto imporre l’esclusione da qualsiasi cerimonia dei discendenti savoia, in parte gli è riuscita anche se napolitano li ha poi voluti almeno al pantheon con l’impegno di non salutarli!!!!!!
è stato detto e scritto: un popolo che ignora e dimentica la propria storia è un popolo destinato a non avere futuro!
mi auguro di no! sarebbe triste.
w l’italia, nonostante tutto!!!
Scritto il 21-3-2011 alle ore 20:44
E tre….
Scritto il 22-3-2011 alle ore 17:00
E quattro…. spero di no.
In effetti la “preghiera laica” è figlia di un periodo in cui era difficile poter “vedere” il futuro ma era senz’altro viva la speranza in una direzione del mondo piena di sapienza con la consapevolezza che in ogni caso ciascuno avrebbe dovuto mettersi in gioco per cercare di migliorare le propre condizioni ma anche il mondo in cui viveva.
Non si spiegherebbero altrimenti tante manifestazioni di coraggio di cui oggi forse si sono perse le tracce.
Ed infatti si ha il sospetto che quella bandiera sopra effigiata valga ben poco perchè non è più di stimolo a vivere con la fiducia di un avvvenire che oggi ci appare sempre più lontano dalle nostre capacità.
Scritto il 22-3-2011 alle ore 22:33
anche perchè quella bandiera è stata privata, o meglio mutilata, di qualcosa di molto simbolico. lo diceva anche guareschi!
Scritto il 23-3-2011 alle ore 08:48
E QUATTRO!!
caro “elleemme”, non è questo l’argomento che ha ispirato il post nè lo spirito di un blog di e per professionisti….
Se poi CI manca il coraggio anche di firmare….
Troverai sicuramente maggiore comprensione su altri lidi, per esempio, fai un’incursione su questi blog:
http://www.neoborbonici.it
http://robertomaurizio1947.blogspot.com
Scritto il 24-3-2011 alle ore 02:27
prendo atto che i miei commenti danno fastidio e tolgo il disturbo!!!
scusi, ma non capisco allora perchè della bandiera, se questa ha un senso ed un valore. a meno che la si sia messa li per farne un uso ipotizzato da qualcuno in quel di venezia in tempi non lontani…..
grazie comunque e buona fortuna!
Scritto il 20-4-2011 alle ore 14:56
Xelleemme:
E CINQUE!!
io aggiungo:
“.. la stragrande maggioranza dei problemi umani, sia su scala personale sia a livello di umanità, sembra proprio che derivi dall’incapacità di provare un sincero interesse per gli altri e di mettersi al loro posto…”
MATTHIEU
Ora proviamo seriamente a metterci al posto degli Italiani.
Andrea
Scritto il 5-6-2011 alle ore 03:08
Leggo in ritardo questo blog, ma desisero intervenire ugualmente.
Perchè “mille di questi giorni”?
Non mi pare che l’Italia stia molto bene e questo a prescindere dall’essere pro o contro Berlusconi, ma dal constatare che esistono potentati che condizionano pesantemente la nazione senza dover rispondere a nessuno, se non a se stessi, neppure ai loro azionisti, che non contano nulla se non appartengono alla cricca dei potenti: Tronchetti Provera faceva ciò che gli pareva con Tim e Telecom possedendo direttamente solo circa il 4,5% delle azioni di entrambe. Penso ai potentati economici (Mediobanca, anche se ora, per fortuna, pare avere meno peso dei tempi di Cuccia, ma la “questione Generali” lascia assai perplessi), giornalistici-economici (chi mai sono gli azionisti di riferimento dei gruppi del Corriere della sera o di Repubblica, cioè dei due gruppi di maggior diffusione?) e burocratici, tutti interessati allo status quo da cui ottengono notevoli ed ingiustificati benefici.
Quanto poi ai 150 anni dell’unità d’Italia mi sembra solo una fastidiosa ipocrisia. Nel 1861 esisteva solo il Regno d’Italia di cui non facevano parte il Veneto, il Friuli-Venezia Giulia, il Trentino-Alto Adige, il Mantovano e lo Stato Pontificio.
Di fatto l’unità d’Italia è esistita solo tra il 1918 ed il 1943. Questo non è uno sciocco revanchismo, ma solo un dato storico.
Saluti.
Emilio
Scritto il 6-6-2011 alle ore 20:29
Penso che uno dei primi obiettivi di un post sia “far entrare la luce” su un argomento, come nella novella dei due rebbi nel pozzo (http://www.corradotumaini.com/blog/category/home_more) e non “spiegare”.
Ma tant’è, e qualche “precisazione” corre l’obbligo di fare.
1) che l’Italia non stia attraversando un periodo felice e c’è poco da festeggiare ce ne siamo accorti un po’ tutti;
2) che sia un paese di vecchi ma non di anziani, di creativi ma non di saggi, di valori effimeri acquistati a rate (e rifinanziati da mutui) non ci piove;
3) che l’intero Paese viva di rendita, e di questo si lustri per decenni, su imprese che, periodicamente, sono compiute da una ristrettissima minoranza (puntualmente poi “revisionata” dai figli e nipoti) è mia ferma convinzione;
4) che vi sia in Italia abbondanza di imprenditori, banchieri (e bancari), burocrati con la iniziali minuscole ma con gli Appetiti maiuscoli è incontrovertibile.
Ma nel 1860 non era poi mica tanto diversa la situazione, se ci fermiamo ai luoghi comuni….
Il post minimalista recita “Mille 17 Maggio ma nulla a valore se CI manca il coraggio”: l’unità del Paese non avrebbe nessun valore senza la condivisione su una idea di sacrificio e di coraggio. Nel 1861 così come oggi.
È solo venendo a indebolirsi questa credenza nell’illusione di un paese migliore che si (ri)genera la nostra parte peggiore e che, sa solo il Signore perché, è poi quella sulla quale ci adagiamo così comodamente piangendoci addosso e la cui immagine esportiamo senza pudore nel mondo.
Ma in Italia, per miracolo e per bravura, sopravvive sempre quella parte “non visibile” che talvolta esce allo scoperto e parte male armata per attaccare un sistema politico e il suo intero esercito, o tiene tenacissima una infetta trincea sul Piave forte dei suoi 18 anni e morsa dai pidocchi, o si ribella ai genitori assuefatti da 20 anni di propaganda e oppone Resistenza o, ancora, si accende in un fuoco violento rigettando definitivamente un’educazione basata sull’ipocrisia e sulle convenzioni. Consegnando tutto, anche la vita.
Quindi: “Mille 17 Marzo, mille Novembre ’17, mille 25 Aprile, mille ’69! Senza nessun rimpianto per i borbone, i papa re, i savoia e le 124. E pochi rimorsi per gli errori e gli eccessi: solo chi fa sbaglia, chi non sa fare giudica.
La scorsa settimana pare si sia concretizzato un messaggio, discreto ma che sta creando disagio ai soliti vecchi furbi, fra qualche giorno ci sarà un’altra modesta ma non trascurabile opportunità di dismettere i klinex e sentirsi un po’ più liberi e di scegliere con un occhio puntato sul futuro e non sulla nuca . Coraggio ci vuole. E costanza.
Scritto il 7-6-2011 alle ore 00:56
Sostenere che Pisapia o Fassino siano il nuovo che avanza mi pare una eccentricità a dir poco
Scritto il 7-6-2011 alle ore 09:12
Caro Emilio, questo lo scrivi tu….non io.
Ma volendo proprio entrare in polemica: per parallelismo, anche affermare che Crispi e LA farina siano stati il nuovo che avanzava nel maggio del 1860 è una eccentricità.
Per favore, concentriamo l’attenzione sugli altri “novecentonovantotto” e non eludiamo il problema…
Scritto il 7-6-2011 alle ore 09:57
Solo per curiosirà, chi mai sono gli altri novecentonovantotto? Fra di essi forse Tabacci?
Scritto il 7-6-2011 alle ore 10:33
“Pressione bassa al carburante”
“Così non si decolla, entriamo nella zona acid-blog”
“Accendere le luci! E tutti (ognuno di noi) al lavoro!”
Scritto il 7-6-2011 alle ore 18:24
Il nuovo è qualcosa di diverso dal vecchio,
Se avanza lo vedremo sui fatti, ora è presto per parlarne perchè prima di vedere le parole sono “aria fritta”.
Tumaini scrive “… e sentirsi un po’ più liberi e di scegliere con un occhio puntato sul futuro e non sulla nuca”
A tal proposito lo strumento più importane della nostra costituzione è il refrendum, ed aggiungo che un referendum non è mai inutile (chi lo avrà detto?) che sia in un verso o nell’altro…
L’acqua scorre sempre per gravità e ci dà la vita, l’aria occupa lo spazio che ha a disposizione e anch’essa ci dà la vita, il resto, oltre alla vita è un di più…
Nulla ha valore se manca il coraggio, il coraggio, aggiungo io è il coraggio di scegliere e portare avanti le proprie scelte.
ultimo:
“odio gli indifferenti…. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti”
Scritto il 14-6-2011 alle ore 09:19
12-13 Giugno 2011
@ Paolo e a tutte le donne e gli uomini di buona volontà: su la testa!!
Scritto il 14-6-2011 alle ore 20:39
Forse perchè sono vecchio o perchè ne ho viste troppe, mi sembra che il “su la testa” sia una ottima affermazione, ma che poi si scontri, perdendo, con la realtà dei fatti. Basta citare il referendum sulla responsabilità dei giudici o il balzo in Borsa dei titoli energetici appena si è capito che i referendum appena finiti avrebbero raggiunto il quorum: guarda caso un notissimo quotidiano romano (che ha svolto un abbondante campagna pro referendum) è dello stesso proprietario di un’altra nota impresa che, riccamente foraggiata dallo stato (o meglio da noi tutti, dato che quest’anno la parte più consistente dell’aumento delle bollette, circa il 77% del rincaro, è a ristoro degli incentivi per la produzione di energia “verde”), genera e distribuisce energia “alternativa”.
Personalmente rimpiango molto che mia figlia, nonostante i miei consigli, sia rimasta in Italia e che se ne penta solo da poco. Spero ardentemente che i miei due nipoti se ne vadano e questo a prescindere da quanto scrivo sotto circa i referendum e dalle opinioni personali sui quesiti posti. E’ che da reputo che siamo un aggregato di persone (non un popolo) vecchio è stanco, temente il nuovo, che siamo eterodiretti pesantemente (più di molte altri stati) da potentati economici o da chi si propone di raggiungere un potere che non dovrebbe appartenergli (per motivi professionali ho vissuto “Mani pulite” dal di dentro, a contatti con l’alta dirigenza delle più importanti imprese di costruzioni e, se è vero che se non foraggiavi TUTTI i partiti, NESSUNO escluso, non lavoravi, è altrettanto vero che ci guadagnava sul serio erano le imprese: basta confrontare gli importi di contratto con quelli finali, tenendo presente che le tangenti erano dell’ordine del 7%) e che esiste un enorme coacervo di interessi a mantenere lo status quo, anche a bassi livelli (burocrazia docet). Di conseguenza non credo a future modifiche non gattopardesche, a meno di un’evento traumatico eccezionale (una catastrofe estesissima, una guerra o, più probabilmente, una calata di alieni), anche se, onestamente, penso che sia tutto da stabilire se il costo di questo fatto sia minore del mantenimento della situazione attuale.
Circa il referendum, che non sia mai inutile non è del tutto vero: ho scritto sopra della responsabilità dei giudici, ma potrei citare la soppressione del Ministero dell’agricoltura e tanti altri.
E poi, sarò elitario, tecnocrate o snob (ma non me ne importa), dubito assai che TUTTI i referendum siano un buon strumento, a meno di non voler essere populisti. E’ assai rischioso sottoporre certi argomenti a chi “ragiona con la pancia” (non dimentichiamoci che tra le nazioni “avanzate” siano quelli con la scolarità più bassa). Io stesso che pure, per studi fatti, per fortuna professionale e per curiosità, ho, mi si permetta di scriverlo, una solida base tecnica, mi trovo in difficoltà quando la tecnica si intreccia, ad esempio, con l’economia. Per farmi un’opinione seria, comprendente anche ques’ultima, devo cercare e studiare testi quanto mai ostici per me, limitandomi strettamente, per giunta, a ciò che in quel momento mi interessa. Ma quanti si comportano in questo modo?
Cordiali saluti.
Emilio
Scritto il 21-6-2011 alle ore 17:02
Con l’ultimo (in ordine di pubblicazione) commento di Emilio si ritorna all’essenza vera del post: nulla di quanto noi pensiamo, crediamo, creiamo ha infine valore, solidità, se ci manca il coraggio di essere e di esporci a sacrifici. Dai commenti giunti emergono infatti tre percorsi caratteristici di questa epoca:
1) la voglia non sopita di qualcosa di nuovo di pulito che coesiste con l’amarezza delle frequenti delusioni e disinganni che, puntualmente, piombano sulla speranza. Deboli fiammelle sparse battute dai venti. Il peso opprimente della quotidianità conformista contro la voglia di fare. La paura di non farcela che finsice con lo spegnere molte di queste fiammelle e lo sciupare talenti. I brevi, discreti momenti di respiro a fronte di piccole (piccole?) soddisfazioni. Una maturità creata su spirito studio ed esperienza, pronta per essere trasmessa alla nuova generazione ma che, priva di un appoggio sicuro, non trova finalmente il coraggio di osare, di uscire allo scoperto.
2) la voglia di far mettere le radici al nuovo, perchè nel nuovo si è totalmente immersi (si “è” il nuovo), consci di una preparazione individuale già adulta e pronta per l’azione, un momento prima di arrivare al bivio con il percorso 1): e poi? In passato, abbiamo perso molti sinceri compagni di strada, in genere i più “sensibili” e quindi più i fragili, anche se non necessariamente i “migliori” di noi per il sol ofatto di essere caduti, ai quali è mancato il coraggio di continuare a provare.
3) la via del pianto continuo e del rancore più crudo; tutti “disincantati” dalla esperienza ma in realtà ben accomodati sulle convenzioni e sulle connivenze (quesito: è nato prima il corrotto o il corruttore?); senza neanche più quella visione del mondo “con la nuca” dei bei tempi andati (“si stava meglio quando si stava peggio!”); e allora vai con i discorsi da bar sport, i luoghi comuni: “non ci sono più le mezze stagioni….e neanche i giovani sono più quelli di una volta! “….”quando c’era Craxi rubavano tutti…però il denaro girava, adesso invece….”(per inciso, a quell’epoca a me “giravano” altre cose, urka se mi giravano!)… ” i giovani di oggi hanno tutto, pretendono tutto pronto e non sanno fare niente!” (ma chi ha dato loro “tutto”, cioè solo il superfluo ma non li ha preparati per il futuro?). E vai con il libero sfogo allo sport nazionale del diprezzo per il proprio Paese (che, sì, abbiamo largamente contribuito a far diventare quello che è…. ma “per colpa degli altri”) e “il sole che risplende solo all’estero”. Questa è l’Italia che “non sbaglia mai”, che sa sempre tutto e, soprattutto, cosa è più conveniente fare, ma è senza idee, senza coraggio, vecchia ma mai anziana, abile ma già parassita.
Eppure…eppure c’è un’Italia Paese che “non si vede”, un pezzetto di Umanità “non visibile” ma molto molto reale.
Scritto il 21-6-2011 alle ore 23:49
Due sole note.
La prima è relativa ai socialisti (cui non sono mai appartenuto; fra l’altro detestavo il modo di porsi di Craxi) ed al loro rubare. Assicuro che non rubavano più degli altri, solo che, essendo abbastanza nuovi del potere, erano meno raffinati, più plateali degli altri. In realtà il grasso che colava era (era?) essenzialmente a favore delle imprese.
La seconda è collegata sia a quanto sopra scritto da Corrado Tumaini, sia ad uno scambio di opinioni con un ex sindaco di un paese (più esattamente collegato senza soluzione di continuità con Milano) e di idee politiche ben lontane dalle mie. Entrambi abbiamo convenuto che quello italiano non è un Popolo. In altri termini ancora oggi l’Italia non è una nazione, ma solo uno stato o meglio, come sosteneva il Metternich, è unicamente un’espressione geografica. Per altro temo che la situazione non cambierà mai se non faremo veramente i conti con la nostra storia: parli di Risorgimento e Resistenza.
Saluti.
Emilio
P.S. l’argomento mi appassiona molto. Se non disturbo approfitterò dei miei giri in moto per venirla a trovare. Ovviamente con il suo consenso e con opportuno preavviso.
Scritto il 22-6-2011 alle ore 16:09
@ Emilio
il riferimento specifico a Craxi ha carattere generale, sta a caratterizzare l’epoca (come nella altrettanto usata frase “Si stava meglio..etc. etc.”
spesso si introduceva “..quando c’era LUI!”.
Mi è ritornata in mente perchè ha soppiantato la precedente nel pignisteo “nostalgico” della prima Repubblica.
Niente di personale quindi con i Socialisti: Garibaldi lo era, mio nonno Nino anche (turatiano, votò scheda bianca nelle elezioni del ’22: un paio di mesi nascosto nei campi di mais…).
Daccordissimo sul chi ci guadagnò realmente allora con quel sistema, anch’io stavo lavorando, verso la fine dell’epoca, per le grandi infrastrutture….
Sui concetti di “popolo”, “Nazione”, Stato” si è discusso già in passato su Postilla, per esempio nella discussione sul “crocifisso” iniziata da Stern.
E qui non sono daccordo sull’idea così radicale del non-popolo, non-Nazione e non-Stato degli italiani e dell’Italia.
Premetto che, affrontando la discussione, so perfettamente di rischiare di infilarmi in un campo (minato) che non è il mio e vorrei quindi sfilarmi dall’esporre “luoghi comuni.
Però il sasso l’ho lanciato prima io, con questa faccenda del “coraggio”…
Mi limito, per ora, ad esporre per sommi (estremi,sintetici) capi la mia base di ragionamento:
1) questa non è più l’epoca dell’appartenenza incondizionata a un nazione, a un popolo: siamo entrati, per lo meno da un secolo, nell’epoca dell’individuo (che non è “ognuno per sé..”)
2) ergo, gli ideali del Risorgimento appartengono alla nostra Tradizione, sono sacrosanti, non si toccano ma per continuare a vivere in noi e nelle generazioni future devono poter essere arricchiti dall’adesso e tradotti al futuro prossimo;
3)la Resistenza è la nostra (italiana) seconda prova dell'”illusione della speranza”;
4) da geologo,…anche la geomorfologia talvolta aiuta o contrasta: più facile “fare” popolo su un territorio squadrato e poco montuoso, piuttosto che su una striscia lunga, stretta accidentata circondata dal mare quasi interamente; abbiamo avuto popolazioni locali che sono rimaste, anche in epoche recentissime, isolate dal resto del Paese. Metternich aveva un facile dire e schernire…allora….resta il fatto che il suo Impero….
5) il concetto di Stato è relativametne recente, ed è un’invenzione brillante per tenere assieme più teste; mi domando spesso cosa sarebbe oggi l”espressione geografica” Italia se l’unificazione fosse partita dal Regno delle due Sicilie (ben più potente e ben in arnese del sabaudo) o se si fosse concretizzato il progetto di Cavour di una federazione italiana dei quattro regni senza il colpo di mano dei Mille (e quel simpaticone di doppiogiuchista di Vittorio Emanule II)
Scritto il 22-6-2011 alle ore 20:53
Sono contento degli spunti che mi forniscono le sue risposte. Nell’ambito di “Mille di quasti giorni” penso sia ineludibile discutere di Risorgimento e Resistenza.
Quali erano gli ideali del Risorgimento? Quelli di Mazzini o di Cavour o di Carlo Cattaneo? Di fatto il Risorgimento è stato una guerra di conquista (penso, per altro, che ciò sia comune alle nascite di tutti gli stati) di una dinastia francese che, vaso di coccio tra quelli di ferro, non ha fatto altro che mutare alleanze ad ogni pie’ sospinto, tratto che è rimasto nel suo DNA sino alla sua fine. Di fatto i Savoia hanno condotto un’unificazione di rapina. Qui mi devo dilungare un po’. A prescindere dalle rivendicazioni neoborboniche fuori tempo (però è vero che il Regno delle Due Sicilie aveva una flotta e industrie meccaniche tra le migliori d’Europa), è da notare che la scrivania da cui quello di turno inventa nuovamente, ad ogni fine d’anno, il manico dell’ombrello (o l’acqua calda, se si preferisce) proviene dalla reggia di Colorno di Maria Luisa d’Austria da cui e dal cui circondario sparirono, per volontà dei Savoia, oltre 28000 (ventottomila) oggetti di pregio. A Colorno sono rimaste solo due grandi ed intrasportabili specchiere. Il fatto più gustoso, però, è che nella reggia c’è da un po’ di anni un tavolo, facente parte in origine del Casino di Caccia annesso alla reggia, donato dall’editore Franco Maria Ricci che lo acquistò da un privato. Segno che ciò che è stato preso dal parmense non è stato devoluto completamente al Regno d’Italia (sarebbe potuto anche essere accettabile) ma se lo sono intascato direttamente anche i Savoia. Pare quasi che fosse meglio quel furfante di Napoleone, di cui si può dire di tutto, ma non che si sia messo in tasca ciò che ha razziato qui, in Egitto, ecc. Del resto è poco credibile un afflato spirituale di unità in una corte tra le più rozze e retrive d’Europa in cui, è bene ricordarlo, si parlava solo in dialetto od in francese, mai in italiano. Resto convinto che a Vittorio Emanuele II interessassero di più la bella Rosina o le donne che reclamava, insistentemente, svegliandosi di notte (piccola polemica, non a favore di Berlusconi ma per la verità: è storicamente accertato che il bunga bunga esiste in Italia da oltre 150 anni, ma per suo fondatore si preferiscono solo i panegirici).
Considerazioni analoghe si possono fare sulla Resistenza. Quali erano gli ideali? Quelli degli assassini di Malga Porzius (ho origini friulane) o degli infoibatori degli inghiottitoi del Carso e di Bus dal Lum (Bosco del Cansiglio)? Degli scorridori del Triangolo della Morte emiliano o di chi, la maggior parte dei partigiani, era di di fatto al servizio dell’URSS (Pajetta, Longo e simili)? Di chi ne approfittò per vendette private o di quelli che persero la vita per inseguire realmente un proprio ideale.
Oppure, ancora, di chi per anni tenne nascoste armi (la famigerata Volante Rossa che nulla aveva di meglio dell’altrettanto famigerata banda Koch, tristemente nota a Milano) continuando a sognare una rivoluzione proletaria? Proprio ieri sera parlavo con un nipote di un partigiano, insignito di medaglia d’argento per le sue gesta, che era perfettamente d’accordo con me sulla sostanza di quanto ho scrito sopra, avendo il nonno lasciato in eredità, tra l’altro, un piccolo arsenale di armi e munizioni, gettate dagli eredi nel Naviglio a Milano. Sono convinto che in taluni casi fosse reale il trinaricismo guareschiano: ricordiamoci che Pajetta asseriva che tra la verità ed il partito sceglieva senza alcun dubbio il secondo.
Sicuramente la migliore descrizione della Resistenza la ha fornita un partigiano anomalo, Beppe Fenoglio, che nel suo racconto “I cento giorni della città di Alba” scrive “Alba la conquistarono in duemila e la difesero in duecento”, anche perchè in un borgo vicino si svolveva la festa del paese ed era molto facile attaccare botone con le ragazze e non sentire l’urlo della mitragliatrice che proveniva da Alba
E’ proprio certo che quello dei Mille sia stato un colpo di mano?
E’ ben strano che una polizia occhialuta come quella sabauda non si sia accorta dell’imbarco di circa mille persone. Come hanno potuto, poi, costoro entrare nel presidio di Talamone e razziare armi, senza che la guarnigione muovesse un dito? Perchè solo pochi giorni prima Talamone era stato rifornito all’inverosimile di armi? Perchè la flotta inglese (con navi armate, poiché l’Inghilterra aveva forti interessi economici in Sicilia) che stazionava dalle parti di Marsala ha fatto finta di non vedere nulla? Chi aveva autorizzato Garibaldi ad esporsi economicamente, per una grossa cifra, per corrompere il generale comandante le truppe borboniche che, tra lo stupore del suo stato maggiore, ordinò la ritirata mentre i suoi uomini stavano ricacciando in mare i garibaldini? Ma è certo che questo impegno fosse stato preso da Garibaldi? E come ha fatto Vittorio Emanuele II a trovarsi a Teano al momento giusto? Allora non esistevano i Freccia Rossa né, tanto meno, gli aerei.
Poi, come sempre, la storia la scrivono i vincitori e chi nel meridione si opponeva loro era un brigante o un suo fiancheggiatore, degno di subire eccidi come a Pontelandolfo, Casalduni e Campolattaro, tutti abbastanza vicini a Campobasso, città in cui risiede mia suocera. Del resto anche i partigiani erano definiti briganti dai nazi-fascisti che, per fortuna , hanno perso, cosicchè i libri di storia su cui si studia non chiamano tali i primi. Per altro non è da trascurare che il D’Azelio non riusciva a capire perchè per mantenere l’ordine a Sud del Tronto fossero necessarie il doppio delle divisioni di quelle bastanti a nord del fiume
Cordiali saluti, senza alcuna ironia.
Emilio